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Pubblicato su politicadomani Num 89 - Marzo 2009
Un romanzo di Enrico Masnata
“Questo posto è un inferno”
Racconto in prima persona di un viaggio in una città non-luogo in cui non c’è alcuna crescita ma solo la graduale scomparsa di qualunque riferimento concreto alla realtà
Gianluca Calvino
“Dicono che gli iper sono le fabbriche del duemila. Luoghi di conflitto, sfruttamento e alienazione…”.
È così che comincia “Questo posto è un inferno”, romanzo d’esordio di Enrico Masnata, genovese, nuovo talento della scena letteraria italiana.
L’iper è una metafora. Metafora di una modernità capace di inghiottire l’individuo privandolo della sua più intima essenza, della sua capacità di distinguersi, della sua personalità.
Il casermone, grigio, imponente e opprimente, governa corpo e anima dei suoi dipendenti.
I dipendenti, già. Quegli sventurati figuri a cui non si chiede semplicemente di lavorare; piuttosto, gli si impone un’ideologia, una sorta di oscena religione fatta di marketing, packaging, key account.
L’iper succhia la vita di chi lavora per lui. La vita, gli affetti, l’anima.
E così, per i forzati dell’ipermercato inizia la paranoia. Quell’angoscia che ti brucia dentro e ti costringe a porti delle domande, tipo chi sei, cosa vuoi, dove credi di andare. Quello stato di catatonia che ti fa perdere ogni contatto con la realtà, e perciò sei sempre scontroso, distratto, e non riesci a fare un discorso di senso compiuto. E fai sogni strani, ti rimbombano nella testa parole ormai perse nella memoria, tipo diritti del lavoratore, sindacato, contratto a tempo indeterminato.
Il protagonista del romanzo racconta con la propria voce il suo viaggio all’inferno, in una sorta di romanzo di “deformazione”, in cui non c’è alcuna crescita ma solo la graduale scomparsa di qualunque “gancio”, di qualunque riferimento concreto alla realtà circostante.
Accanto a questa voce narrante si muove un altro personaggio, Zippo, fratello del protagonista, ex manager brillante, ora ufficialmente malato, depresso, allucinato. In realtà, le esistenze dei due fratelli, quello matto e quello sano, non differiscono più di tanto.
Questo posto è un inferno, e la follia è nelle cose, nelle persone, tutte. In una città non-luogo, nell’anno dell’eclissi, si consuma pertanto l’assurda vicenda di un uomo qualunque, risucchiato nell’ingranaggio dell’iper, moderna bolgia in cui si lotta, si consuma e si vive (per così dire…).
L’autore ha la capacità di rendere su carta delle tematiche attualissime e difficili attraverso un linguaggio fresco e accattivante, senza mai abbandonare un fondo di amara ironia che sfocia spesso nel più crudele sarcasmo. Il romanzo, infatti, riesce ad essere a tratti sinceramente divertente, pur nella sua drammaticità.
Un’opera prima che sa di letteratura, nell’accezione più alta del termine.
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